Pensieri Sparsi
F.Bonfitto
domenica 7 ottobre 2018
ECCOMI DI NUOVO QUI
Ciao a tutti , dopo ben 5 anni sono tornato a recuperare questo blog che da tempo non riuscivo piu a gestire , perche non riuscivo piu ad accedere alla pagina.
Ma adesso sono ancora qui e ho visto piacevolmente che durante la mia assenza forzata dal blog le visualizzazioni sono arrivate quasi a 10.000
Sono cambiate molte cose negli ultimi 5 anni e chi ne avrà voglia potra seguirmi sul blog cosi scoprirete con me cosa e' accaduto in tutto questo tempo.
A presto..Francesco
lunedì 4 marzo 2013
IL MUSICISTA PIRLA!
Il musicista pirla è quel tipico personaggio che se la tira e se la mena guardando e trattando le persone male, camminando a un metro da terra e osservando chi gli gravita intorno con fare di sufficienza e pietà assoluta.
Io di musicisti pirla ne ho conosciuti tanti, perche?
Perché anch’io sono un musicista e mi ritengo un buon musicista che oltre al piacere di fare arte ama divertirsi facendo arte, ma tornando a bomba sul musicista pirla tipo vorrei raccontare una breve chicca appena accaduta durante una serata in un locale.
Il tutto è avvenuto durante un bel contest, ben organizzato, ben strutturato, fatto e creato da gente che crede nell’arte e che crede nella musica emergente, tutto bellissimo ma ecco che come al solito a rovinare tutto spunta il musicista pirla!
La situazione era questa:
locale bello, bel palco, belle luci, impianto audio un po’ meno, ma diciamo che nel complesso un buon livello.
Unica pecca, pubblico zero e poi non dimentichiamoci del musicista pirla!
La serata era divisa in tre parti con tre band una era la mia, un'altra band di ragazzi giovanissimi e simpaticissimi oltre che bravi e poi….eccoli, loro gli splendidi, i bravissimi quelli che si sentono famosi e sono in realtà il nulla!
La band di musicisti pirla!
Erano talmente gonfi della loro bravura…che bravura non era…che anche salutare diventava per loro difficile, anzi direi impossibile…infatti, non hanno salutato nessuno se non i proprietari del locale che già conoscevano con cui erano culo e camicia….insomma i famosi del nulla sospesi a venti centimetri da terra mentre sfioravano noi comuni e inetti musicisti.
Il palco era loro, gli strumenti montati per fare il sound check e giustamente i musicisti pirla al sound check non si sono presentati, ma insomma che dire i famosi del nulla possono fare anche queste cose.
Morale della favola la band di musicisti pirla stanno puntando a vincerlo questo contest, ma a cosa serve vincerlo in modo scorretto?
Chi semina vento raccoglie tempesta, occhio al musicista pirla!
sabato 2 marzo 2013
Nessuno tocchi i potenti
Ciao a tutti, premetto che mi sento onorato di far parte, finalmente, di un movimento come quello di cinque stelle, forse dopo cinquanta anni di fascismo vestito di democrazia anche il semplice cittadino avrà un peso all’interno di tutto ciò che accade e non sarà solo un semplice osservatore che deve attenersi a qualsiasi angheria dei “manovratori “ delle nostre vite.
Volevo toccare un argomento che forse è sfuggito un po’ a tutti, certo si può pensare che sia qualcosa di meno importante di tutti i problemi che ci sono da risolvere in questo periodo nel nostro bel paese, questo non toglie che sia meno importante di tutto il resto.
Vorrei parlare dell’arte.
Arte nel senso generico della parola, dallo scrittore al musicista, dal poeta all’attore, dal comico al presentatore, insomma tutte quelle categorie che rientrano nel mondo reale di ciò che è arte.
Ho quarantasei anni e da quando ne avevo undici, ho cominciato a posare le mie dita su una tastiera bianca e nera, i sogni che nella testa giravano allora erano quelli di poter vivere una vita fatta di musica e composta di sogni da realizzare.
Fino a qui nulla di che, ogni bimbo ha un sogno in testa, ogni bimbo vuole fare l’astronauta, ogni bimbo crede fermamente che la luna si possa raggiungere ed è giusto che sia così.
Però la vita, il diventare adulto, le responsabilità che l’uomo ha generato e costruito ad hoc per rendersi più credibile agli occhi degli altri con il passare degli anni distruggono inesorabilmente tutti i sogni che quel bimbo aveva nella testa, e la luna diventa sempre di più un sasso immobile nel cielo perdendo tutta la sua magia.
Il mio discorso può sembrare quello di un uomo insoddisfatto e deluso un uomo che si è trovato a osservare la luna dopo aver perso il sogno di raggiungerla e invece no.
Sono ancora qui a quarantasei anni pensando che la luna è ancora raggiungibile.
Non ho mai smesso di appoggiare le mie dita sulla tastiera fatta di tasti bianchi e neri e non ho mai smesso di sognare che sia possibile.
Sì ma possibile cosa?
Non faccio la professione del musicista, vi sembra così sciocco pensare ancora che sia possibile vivere di arte, vivere di musica?
Se devo parlare come l’uomo che è dovuto diventare adulto, responsabile, senza “grilli”, scusate l’allusione, per la testa si dico che è impossibile, se devo parlare a nome del bimbo di undici anni che sogna di poter avere la luna dico che è già fatto.
Ora per un attimo vorrei che siano questi due protagonisti a parlare vorrei che siano loro a esporre quello che realmente accade e comincerei dall’uomo adulto, quella parte che dentro ognuno di noi si è andata a creare obbligatoriamente nel corso della vita.
L’UOMO ADULTO
Un musicista per fare tale lavoro principalmente, che sia da solo o con un gruppo di musicisti deve avere una componente di base: il talento.
In Italia per scoprire un talento abbiamo bisogno dei talent show, di giudici che emettono verdetti veloci facendo si che il talentuoso di turno si giochi una vita di sacrifici in soli tre minuti.
Alla fine se i tre o quattro giudici reputano che il talento c’è allora passi e vai avanti se secondo loro non c’è a casa!
Questo tipo di situazione è già penosa di suo se poi pensiamo al fatto che lo spettacolo si basa su un ritorno pubblicitario a favore degli editori e produttori del programma direi che diventa devastante e distruttivo.
I giudici con quali qualifiche si presentano e poi…perché mai devi essere giudicato e non esaminato?
Arrivare sul palco di un talent show non è comunque cosa semplice, anche li devi avere le “amicizie” giuste.
Facciamo finta che il talent show lo vinci, e dopo?
Il nulla.
Mancano le basi della costruzione mancano le fondamenta del palazzo, alla prima scossa di terremoto tutto crolla.
Nessuna gavetta, nessuno sforzo, risultato?
Il nulla.
Scendiamo di un gradino proviamo a pensare di voler suonare nei locali del territorio nazionale.
Si potrebbe pensare di prendere un furgone e girare tutta la bella Italia fermandosi nei locali chiedendo di poterci suonare per sbarcare il lunario attendendo il momento giusto, attendendo la persona che abbia i mezzi economici e che creda in ciò che fai per poterci almeno provare…e invece, no.
No perché la prima cosa che un gestore o proprietario di locale chiede è: fate le cover? brani di artisti già famosi) Avete un seguito?
La risposta alle due domande è : no, no.
Allora non possiamo metterci d’accordo.
Nove su dieci i proprietari o gestori di locali richiedono queste due cose brani di gente già famosa e il seguito della band o dell’artista che si sta proponendo.
Insomma la storia del cane che si morde la coda.
Il proprietario del locale si vuol garantire una buona vendita di birra con il tuo seguito di pubblico e se fai le cover secondo lui la gente, si recherà nel suo locale più volentieri.
La domanda che mi sorge spontanea è: ma se sono saltato su un furgone girando a destra e sinistra tutta l’Italia per cercare di farmi conoscere come posso avere un seguito?
E se faccio la musica già “ famosa” quando propongo la mia non “famosa”?
Insomma sembra impossibile ma è così.
A questo punto devo pensare che chi la musica l’ha fatta diventare famosa ha avuto solo un gran culo?
Forse…
Nel caso, per concludere, un proprietario o gestore di locale ti assegni una data, bene che vada ti da un bel Giovedì sera (giorno desertificato a livello di pubblico) senza rimborso spese, in fondo lui ci mette il locale e ti da la possibilità di farti conoscere!
Conoscere da un pubblico fantasma che è rimasto a casa a guardarsi uno dei tanti talent del caso.
Ah dimenticavo, la birra che bevi aspettando l’inizio del tuo concerto per fare ascoltare a “ nessuno” la tua musica “ non famosa” te la paghi!
IL BIMBO
E’ così semplice, è così naturale, è così vero, è così già tutto accaduto che sia impossibile un’altra versione dei fatti, sarò un astronauta, un pittore, un musicista, un comico, un attore, uno scrittore, un poeta, un presentatore, un doppiatore…io sono.
Questa è la forza dei bambini loro “sono”…gli adulti devono “diventare” e lo fanno con il denaro con le posizioni di rilievo nel mondo del lavoro, e diventano “potenti”.
Piccolezze dell’uomo.
Nessuno tocchi i potenti.
Francesco Bonfitto.
sabato 31 dicembre 2011
Il mio nome è...
Il mio nome è…
Questa
è una storia che arrivando dal passato attraversando il presente e progettando
il futuro ha realizzato un sogno.
Tutto
quello che scriverò è tutto quello che realmente è accaduto.
Ho
conosciuto due persone anni fa e per un periodo di tempo le ho osservate da
lontano, quasi spiate, anzi senza quasi.
E’
cominciato tutto per caso un giorno mentre ero in un centro commerciale nei
pressi del reparto donna situato vicino a agli scaffali dei trucchi, sapete
quelle robe strane che le donne usano per diventare più belle?
Bene,
una commessa stava sistemando i vari articoli in ordine meticoloso, colore per
colore, modello per modello e prezzo per prezzo.
Ero
estasiato nell’osservare quella creatura che mentre lavorava sembrava assorta
nei suoi più profondi pensieri.
I
suoi lunghi capelli castano scuro , gli occhi grandi color nocciola , dita
affusolate che denotavano una delicatezza estrema, labbra rosa carnose e
sensuali, insomma tutto era perfettamente al posto giusto, nessuna sbavatura.
All’improvviso
il suo sguardo si alzò e cominciò a fissare un punto non ben precisato di
fronte.
Non
capivo cosa stesse osservando per i primi istanti, ma subito fu chiaro.
Un
personaggio robusto con una lunga giacca di pelle nera, una maglietta aderente
nera pantaloni …neri…e stivali chiaramente neri stava attraversando la il
reparto diretto non si sa bene dove, forse nel retro, si era il retro del
negozio, infatti ci sparì dentro.
La
commessa non distolse lo sguardo di un millimetro sembrava rapita o come quasi
in ipnosi, e forse lo era perché mi avvicinai ancora di più a lei per cercare
di carpirne lo sguardo, ma lei non si accorse di me.
Le
sue labbra si erano socchiuse, i suoi occhi erano aperti come quando si vede
qualcosa che non si è mai visto, le sue dita tenevano un rossetto color porpora
che non cadeva a terra solo perché si era incastrato tra le sue mani che
sembravano deboli senza presa.
Dopo
qualche istante l’uomo dalla lunga giacca di pelle nera riapparse dal retro del
negozio e sul viso della commessa dalle labbra carnose si fece strada un lieve
sorriso, una sorta di beatitudine che sembrava scaturire una sola ed unica
domanda: “ Ma chi sei?”
Non
so perché ne se poi è realmente andata così ma quel pensiero sembrava si fosse
materializzato a tal punto che l’uomo dalla lunga giacca di pelle nera girò il
suo sguardo proprio nella sua direzione.
Ero
uno spettatore privilegiato anche perché quando i due cominciarono a fissarsi a
distanza cominciai ad avere la sensazione che tutto intorno si fosse fermato,
insomma ero spettatore di un momento di sospensione temporale di due anime che
in qualche modo si erano trovate…o forse ri-trovate.
L’uomo
dalla lunga giacca di pelle nera fece un sorriso aperto e solare e la commessa
dalle carnose labbra rosa, come risvegliata da suo stato ipnotico rispose
immediatamente con un altrettanto sorriso aperto, “Dio questo non lo avevo
ancora notato” il suo sorriso era ancora più bello di tutto il resto, anzi no
completava quel quadro già perfetto.
A
quel punto mi sono sentito di troppo, lui si stava avvicinando e allora io mi
allontanai, non di molto, ma mi allontanai.
Li
guardavo mentre si conoscevano e avevo la netta sensazione che si conoscessero
da sempre, invece non era così, non si erano mai visti prima…o forse si, in
un’altra vita, in un altro mondo.
Si
scambiavano sorrisi e sguardi che lasciavano poco spazio all’immaginazione,
cioè, se avessero potuto si sarebbero baciati immediatamente , era una
sensazione palpabile.
Ma
no, lui dopo pochi minuti si allontano lasciando il negozio.
Tornai
ad osservare la commessa dalle carnose labbra rosa, beh…lo aveva seguito con lo
sguardo fino a che lui si perse tra la gente che affollava il centro
commerciale.
Poi
con una quiete strana in viso tornò a risistemare i suoi articoli sullo
scaffale, ma con una differenza, questa volta i suoi pensieri sembravano più
chiari, il suo lieve sorriso lo confermava.
Da
quel giorno li ho seguiti spesso mentre l’uomo dalla lunga giacca di pelle nera
tornava a trovare la commessa dalle carnose labbra rosa in negozio e tutto
sembrava andare per il verso giusto, fino a che un giorno li vidi discutere e
separarsi…
La
commessa dalle carnose labbra rosa gli voltò le spalle e andò via...
L’uomo
dalla lunga giacca di pelle nera salì sulla sua macchina e sparì dietro
l’angolo della strada.
Come
poteva essere che avessi visto male?
Come
potevo aver confuso quella gestualità, quei sorrisi, quegli sguardi che si
erano scambiati in tutti quei mesi?
Qualcosa
non quadrava.
Allora
mi presi la briga di seguirli singolarmente per capire cosa stessero
combinando.
Beh
quello che scoprii mi lasciò senza parole, l’uomo dalla lunga giacca di pelle
nera era mano nella mano con un’ altra donna e la commessa dalle carnose labbra
rosa addirittura l’ho vista in una casa insieme a un altro uomo, ci viveva
insieme.
Non
avevo capito nulla, mi ero lasciato fregare dai loro comportamenti e ci erano
riusciti anche bene, molto bene!
Questo
mi fece arrabbiare a tal punto che decisi di lasciarli perdere, di mandarli al diavolo,
e così feci!
Negli
anni a venire ogni tanto mi tornavano in mente l’uomo dalla lunga giacca di
pelle nera e la commessa dalle carnose labbra rosa, e mi ponevo sempre la
stessa domanda, ma perché non ha funzionato?
Beh
quando si dice che a volte le cose che si pensano si avverano, ho alzato gli
occhi e li ho visti!
Insieme
mano nella mano mentre passeggiavano all’esterno di un centro commerciale
girovagando tra le bancarelle addobbate per le festività natalizie.
Mi
sono avvicinato per verificare che fossero proprio loro due, si erano proprio
loro!
Erano
passati sette anni dalla prima volta che incrociai i loro sguardi e li avevo
abbandonati alle loro vite…avevano deciso così e invece eccoli qui insieme,
incredibile cosa può fare il tempo e la vita.
Ho
voluto raccontarvi questa storia perché sono quelle condizioni della vita che
io prediligo e che amo seguire, soprattutto quando hanno un lieto fine.
Beh
ora vi saluto si è fatto tardi vado a cercare qualche altro sguardo da seguire.
Ah
dimenticavo non mi sono presentato: “Piacere il mio nome è Destino”
mercoledì 14 dicembre 2011
Sarà un Natale felice
Sarà un Natale felice, no, non credo che sarà un Natale
felice.
Improvvisamente tutto ti crolla addosso proprio mentre sei
arrivato alla meta, tutto si dissolve, le tue certezze, i tuoi punti fermi e
tutto ciò che la tua vita fino a quel momento avevano, in qualche modo, creato chi
eri.
La difficoltà sta nel cambiare, sosta nel modificarsi e nel
lasciarsi tutto alle spalle senza sentire alcun rimorso, senza provare nessuna
emozione per ciò che è stato.
Compito molto arduo e complicato che richiede una dose di tempo
non ben definita.
Far finta di nulla potrebbe essere una soluzione, ma non è
la direzione più idonea, reprimere solitamente porta all’esplosione alla fine,
senza farti vivere nulla, né presente né futuro.
Si ha la sensazione di aver paura di muoversi, di spostarsi
in qualsiasi direzione e immancabilmente ti ritrovi immobile, fermo,
staticamente nello stesso punto, come se il tempo si fosse fermato formando una
bolla di antimateria che nulla crea e niente distrugge.
Guardo la mia casa e ritrovo la stessa confusione che nella
testa si affaccia in periodi diversi del giorno.
Ti senti euforico e poi triste, felice e poi angosciato,
sicuro e poi incerto, un su e giù interminabile che mette a dura prova i tuoi
nervi e le tue difese.
E ti ritrovi immancabilmente solo davanti a uno schermo a
scrivere ciò che dentro si crea e si distrugge attimo dopo attimo.
La luce fioca della lampada e la musica di sottofondo
t’immergono ancor di più nelle emozioni che si alternano tra negativo e
positivo, come una bussola impazzita che non riesce più a trovare il suo Nord.
Stendersi sul letto provare a dormire o a chiudere gli occhi
immaginando un mondo diverso da quello che stai vivendo, rimane, a volte,
l’unica soluzione per evitare di fermare anche i battiti del tuo cuore.
E vuoi intensamente ciò che hai cercato e voluto per tanto
tempo, e vuoi che tutto si possa cancellare in un solo secondo, qualsiasi
ricordo, qualsiasi cosa che ti possa ricondurre a un passato non così poi
remoto, come un cancelletto che passa sulla lavagna con un gesto netto e deciso
a togliere il gesso che scriveva ciò che sembrava indelebile sulla tavola nera,
creando quel pulviscolo bianco che lentamente cade verso il pavimento.
Ascolta il tuo cuore, segui ciò che ti dice e non sbaglierai
mai.
Il cuore a volte è come spaccato, come diviso in due parti
uguali tra passato e presente, tra futuro e infinito.
Fibrilla, vibra, palpita in continuazione mantenendo un
costante battito irregolare, direttamente collegato ai tuoi pensieri, alle tue
emozioni.
Sarà un Natale felice, no, non credo che sarà un Natale
felice.
Sarò comunque da solo e qualcuno sarà triste come me.
Non ha importanza la distanza che si frappone fra te e chi
soffre, non ha importanza chi prova dolore e non ha importanza dove e come,
certo è che non sarà un Natale felice.
mercoledì 7 dicembre 2011
Notte
Il cuore batte nella notte che lentamente si avvicina alle
luci dell’alba.
Accendo un’altra sigaretta che raschia la mia gola fino a
raggiungere i miei polmoni, lo so…non fa per nulla bene, ma in notti come
queste sono le uniche compagne che mi restano.
Il resoconto della tua vita è lì davanti ai tuoi occhi e
continui a vivere di emozioni vissute con la donna che ami, con la donna che
senti la tua esatta metà.
Ricordi per ora solo ricordi, un solo passo ancora e tutto
potrebbe essere…
Sai bene che stai facendo soffrire…la sospensione di una
vita che mangia i propri pensieri, continui, incessanti.
Il sonno che non arriva mai, ci provi, ti stendi, appoggi la
testa sul cuscino chiudi gli occhi e senti che è giusto far riposare il tuo
corpo, la tua mente, la tua anima.
No…nulla!
Sveglio, completamente vigile nonostante il buio della
stanza e delle palpebre che t’isolano da ciò che ti circonda.
Perdersi in un sonno ristoratore sarebbe un’ottima
soluzione, e invece…i bulbi oculari continuano a muoversi sotto le palpebre
inseguendo le immagini, i ricordi, il tuo sorriso.
Un bicchiere d’acqua fresca scende nella gola come a
spegnere tutto ciò che dentro senti bruciare, un solo attimo di refrigerio e
poi nuovamente il turbinio di pensieri, ricordi, sensazioni riprendono il
sopravento senza darti scampo.
Fuori è buio i lampioni della strada con il loro color
arancione illuminano l’asfalto lievemente bagnato facendo scintillare il grigio
pavimento, come se fosse un piccolo ruscello illuminato dalla luna.
Quanti pensieri attraversano la mente, quante emozioni
colpiscono il cuore, ogni volta una piccola pugnalata, ogni volta una lacerante
emozione che ti lascia senza fiato.
La vita è un viaggio indefinibile, ogni cosa accade quando
deve accadere, ogni cosa non succede quando deve succedere, un rebus infinito
che forse non avrà mai nessuna risposta.
Accenderò un’altra sigaretta ammirando l’alba, aspettando il
nuovo giorno, sperando in un momento di pace, credendo che tutto possa
cambiare, che tutto sia quel che deve essere.
Francesco Bonfitto
lunedì 5 dicembre 2011
Pensiero
Essere precisi nelle cose non è sempre facile, essere
costanti nelle circostanze non è sempre possibile, essere coerenti con le
proprie credenze non sempre è giusto.
Questo, se la situazione vissuta è normale già diventa
difficile, se poi, le situazioni sono ancor più intricate, al peso della
normale vita si aggiunge ulteriore carico, per via di ciò, tutto diventa più
insopportabile e faticoso.
Alcune volte si fanno cose che vanno al di là della normale
percezione della realtà, e in alcuni casi ci si lascia trasportare dal
sentimento e da ciò che in quel momento sembra essere la cosa giusta, forse
perché, è la cosa giusta.
Poi subentrano altre condizioni che rendono la camminata una
corsa in salita, una delle condizioni meno idonee per certi faticosi percorsi
è: la fiducia.
Spesso avere fiducia non è facile, non averne solitamente
rovina i rapporti, che siano di amicizia o d’amore, facendo diventare e
trasformando tutto da colorato in bianco e nero.
Le cose che si vedono non hanno più quelle sfumature che ti rendono
il solo pensiero di una certa situazione o cosa come un quadro variopinto pieno
di colore, ma la fanno divenire una tela monocromatica con, al limite, qualche
sfumatura di grigio.
Allora, a quel punto, le cose sembrano cambiare
drasticamente, come se volessero mutare da sole, come se fossero ormai sotto il
controllo di forze esterne che dominano la tua volontà.
Ti senti impotente davanti a simili circostanze e la voglia
più recondita è chiudersi in se stessi, come un riccio che avverte un pericolo facendosi
scudo con i suoi acuminati pungiglioni.
La fiducia è tutto, se viene a mancare subentra un’altra
prospettiva dettata da un secondo intralcio allo scorrere naturale delle cose:
il dubbio.
Situazione + sfiducia = dubbio.
La circostanza che ci porta alla sfiducia innesca in modo
completamente automatico il dubbio, e questo nuovo scenario non fa altro che
distorcere ulteriormente la condizione, insomma, un cane che si morde la coda
all’infinito.
Ci sono cose da comprendere e cose da sopportare qualsiasi
sia la posizione che si occupa, che ci si trovi nella posizione di trasmettente
o ricevente, la sopportazione a certi pesi a volte diventa troppo per chiunque.
Che sia amore o amicizia il peso diventa troppo pressante,
arrivando anche a pensare che tutto possa finire nell’arco di un solo secondo.
Ci sono desideri che si vorrebbero attuare immediatamente e
questo, non sempre è possibile, non sempre è realizzabile.
Anche la pazienza però, ha i suoi limiti, e questo ti porta
inesorabilmente, a volte, a un nuovo stadio: l’isolamento.
Condizione che ci pone soli con se stessi per cercare di
ascoltarsi fino in fondo, giù nel profondo dell’anima, per cercare di carpire
anche le più insignificanti sensazioni, che solitamente, con il rumore della
vita non si riescono a percepire.
A quel punto si comincia ad apprezzare il silenzio e tutto
ciò che può avvicinarti al tuo più profondo “Io”, allo stadio più sconosciuto
di te stesso, il silenzio della tua mente diventa il verbo della tua anima.
Se riesci ad arrivarci puoi scoprire cose anche spiacevoli,
o nella migliore delle ipotesi anche cose rivelatrici e parzialmente piacevoli.
Ascoltarsi nel silenzio della mente può darti delle risposte
alle domande che nella confusione non trovavano alcuna uscita, per via del
rumore dell’esistenza.
Bisogna fermarsi e ascoltarsi almeno una volta nella vita,
forse è giunto il momento di decriptare i segnali che dall’interno arrivano,
escludendo momentaneamente, qualsiasi segnale esterno.
Queste sono solo parole, queste sono solo e ancora soltanto
parole, forse, in queste parole però un fondo di vero c’è.
Io mi fido di me stesso, non posso pretendere che anche gli
altri lo facciano.
Un passo alla volta e tornerò ad essere felice, un passo
alla volta e ricomincerò a camminare.
Dedicato a tutti quelli che mi amano e a tutti quelli che mi
odiano.
mercoledì 30 novembre 2011
Tra luce e buio
Certo non ero ancora riuscito a fare quello che dovevo fare,
ma una cosa era certa, non potevo più andare avanti così.
Nella mia piccola casa colorata alle pareti di bordò, il
calore del riscaldamento mi separava dal freddo intenso che fuori ingrigiva
ogni cosa.
Nella mia testa un solo pensiero fisso: “Devo concludere
questa faccenda, altrimenti impazzisco”.
La tazza di caffè nero calda tra le mie mani diffondeva una
sorta di brivido in tutto il mio corpo, lasciandomi intorpidito nei miei
pensieri.
Alcuni bambini giocavano nel cortile incuranti del freddo
tagliente che arrossava le loro guance, mentre le madri parlavano chissà di
quali consueti discorsi tra sorrisi e gesti armoniosi, come a mostrare che
tutto nella loro vita andasse per il verso giusto.
Un film muto attraverso la grande finestra di casa che mi
portava in contatto con l’esterno, con il mondo, dandomi la possibilità di
separarmi per qualche istante dal mio pensiero, quel pensiero fisso.
Un pensiero di gioia e tristezza come in contrapposizione tra
la luce e il buio, il giorno e la notte, l’estate e l’inverno opposti che si
ritrovano in un solo pensiero.
Sensazioni opposte che riempivano continuamente la mia testa
e ingrossavano il mio cuore fino a farlo quasi esplodere.
Alcune gocce di pioggia cominciavano a scendere bagnando il
tavolo tondo colorato di blu elettrico sul terrazzo, la candela di sale si
scioglieva lasciando rivoli di sale sciolto che si separava in due nuovi
piccoli affluenti dopo aver incontrato il posacenere argentato pieno di mozziconi
di sigaretta, ormai lì da alcuni mesi.
Le gocce cominciarono a diventare più grandi e l’intensità
della precipitazione a essere più fitta fino a non riuscire più a vedere
nemmeno la palazzina di fronte alla mia.
Le mamme nel cortile recuperavano, correndo a ripararsi
sotto i portici, i loro piccoli cuccioli che sembravano comunque incuranti
dell’acqua.
Il silenzio della mia casa a volte mi faceva male e ancor di
più quando le giornate invernali piovose e grigie mutavano la tristezza del
momento in angoscia.
Un pugno allo stomaco ripetuto più volte, una presa alla
gola da cui liberarsi diventava impossibile, l’aria che sembrava fermarsi nella
trachea senza fluire attraverso i polmoni e il cuore cominciava a battere senza
un ritmo stabile.
Lì però, in quella casa, nella mia casa mi sentivo al
sicuro, protetto da qualsiasi cosa.
A volte le cose si mettono di traverso e non ti danno la
possibilità di continuare, di procedere, di evolverti, di arrivare alla tua
meta.
Le difficoltà si mettono tra te e i tuoi sogni, tra te e le
tue ambizioni, tra te e l’amore come un ospite indesiderato.
Non hai più nessuna voglia, nessuno stimolo distruggendo
tutto dentro e fuori di te.
Solo una gran voglia di dormire, forse, per chiudere gli
occhi nella speranza di non dover pensare, ma anche quello spesso diventa un
lusso.
Qualcosa ti tiene sveglio per giorni interi e le tue
occhiaie diventano più incisive, più evidenti, più profonde.
La tua immagine allo specchio diventa sempre meno gradevole,
gli occhi cominciano a vederti in modo diverso facendo sparire il sorriso dalle
tue labbra, facendo svanire la gioia, lasciando il posto alla tristezza.
La luce spostandosi cede il posto in modo ordinato e
meticoloso al buio, dapprima lasciandoti in ombra per poi oscurarti completamente.
Non hai più punti di riferimento e come un non vedente
cominci a brancolare nel nero più totale, una macchina impazzita senza
controllo, un volo ingovernabile verso il nulla.
La tazza di caffè ormai fredda mi dona un nuovo brivido,
questa volta gelido, che attraversa nuovamente il mio corpo completamente.
Ho bisogno di scaldare tutto ciò che dentro di me
improvvisamente sembra diventare freddo, ma non trovo nulla che mi aiuti,
l’ultimo brivido fa calare il buio e i miei occhi chiudendosi cercano un po’ di
conforto nel sonno, sempre che arrivi, sempre che mi catturi regalandomi
qualche ora di serenità.
Proverò a dormire un po’… tra la luce e il buio.
venerdì 14 ottobre 2011
Quello che non ho
Il vocio arrivava dal palazetto dal back stage il rumore
delle voci sembrava un ronzio continuo.
Quanti anni c’erano voluti per essere li, quanti sacrifici,
quante porte sbattute in faccia, quanti no avevo dovuto sentire, quanto fiele
amaro avevo dovuto ingoiare per arrivare lì.
“E’ pieno ragazzi, il palazetto è zeppo di gente, tra poco
si comincia”
Lucio era uno dei tanti che negli anni ci aveva negato
qualsiasi possibilità di emergere, ora invece che eravamo diventati un
business, una macchina macina soldi si affrettava dietro il back stage
assicurandosi che fossimo pronti per lo spettacolo.
“Due minuti e si comincia”
Nella mia testa c’erano solo due parole “Fanculo coglione”
Era ovvio che fosse pieno, dopo tutto quello che avevo
passato con i ragazzi in tutti gli anni trascorsi a suonare in locali malfamati
con retribuzioni da fame, era arrivato il nostro momento.
Certo, chi ora dirigeva e gestiva le nostre finanze non
aveva nulla a che fare con il nostro successo, perchè se non fosse stato per
quel grasso uomo che una sera per “caso” si trovava a passare in uno dei tanti
localini dove buttavamo sangue e anima suonando, se non fosse stato per quel
tizio apparso dal nulla,che tanto aveva insistito proprio con i grandi esperti delle
case discografiche che ci avevano sempre snobbato, beh se non ci fosse stato
quel grasso uomo, probabilmente, saremmo ancora in quei locali sudici a sognare
di diventare famosi.
Ma questa è un’ altra storia, una storia del passato, ora
eravamo nel back stage di un palazzetto con 15.000 persone che aspettavano solo
che noi salissimo sul palco per ascoltare quello che dalle nostre menti e dai
nostri cuori era nato.
Nel palazzetto le luci si spensero completamente era arrivato
il momento, come sempre in quel preciso istante ogni cosa svaniva, non
ricordavo più nulla e il panico si mischiava all’adrenalina, un cocktail letale
per il cuore che batteva all’impazzata al ritmo delle voci dei 15.000 che
urlavano: “Fuori, fuori, fuori…”
La batteria cominciava a tenere il tempo, eravamo già tutti sul
palco ai nostri posti un ultima occhiata alla mia postazione e le varie luci
che dalle tastiere arrivavano mi confondevano ogni volta, guardavo ma non
vedevo, anche se qualcosa fosse stato non a posto ormai era troppo tardi, il
grande telo nero che ci separava dalla folla da lì a pochi istanti sarebbe
caduto a terra e ci avrebbe svelato quella massa di persone che impazziva per
noi , che amava tutto di noi, che conosceva a memoria ogni intonazione, ogni
parola , ogni respiro delle nostre canzoni.
Un secondo e il telo era a terra le luci infiammarono la
platea e davanti ai nostri occhi un mare di mani alzate al cielo e le urla che
arrivavano fino a noi nonostante l’elevato volume della musica.
Sotto al palco le mani si allungavano come a volerci toccare
qualcuno tentava di salire ma il servizio d’ordine teneva a bada la
situazione.
Mentre le mie dita scorrevano sui tasti delle gocce di
sudore le bagnavano, avevamo cominciato solo da pochi minuti eppure
quel sudore mi confermava che ci stavo mettendo l’anima, che stavo dando tutto
me stesso ad ogni singola persona che era accorsa li per me, per noi, per ascoltarci.
La fine del primo brano e l’urlo che si levava nell’ aria
sembrava un boato atomico.
Il secondo brano in scaletta era una hit dell’estate appena
passata, appena finito il breve discorso del cantante con i saluti alla città e
ai fans cominciai a toccare i tasti che intonavano proprio quel brano che tanto
aveva spopolato durante l’estate, un’ urlo ancora più forte di quello sentito
alla fine del primo brano come un’onda d’urto arrivo al mio stomaco, le mani mi
tremavano ogni volta che sentivo quel calore dovuto a quelle voci che
sembravano alzarsi all’unisono, anzi era proprio così, aspettavano tutti solo
di poter urlare per farci capire quanto ci amavano.
Il concerto continuò senza intoppi in un crescendo di
emozioni, l’ odore acre dei fumi di scena invadevano la mia trachea lasciandomi
ogni volta sempre quello strano sapore di mela verde in gola e sulla lingua.
Ultimo brano e via dietro il back stage, stanchi sudati,
sfiniti, ma con dentro tanto tanto amore.
Le voci non accennavano a calmarsi ci volevano ancora fuori…qualche
minuto d’incitamento prima di ritornare sul palco per un ‘ulteriore boato che ci
accoglieva ogni volta che tornavamo sul palco per raggiungere la
propria postazione.
Le luci si accesero nel palazetto una volta finito il
concerto e dal back stage guardavo tutte quelle persone che si dirigevano verso
le quattro uscite.
Le fasce sulla testa, le magliette, le felpe, i cappellini
con il nome della nostra band si allontanavano insieme al nostro pubblico,
indossate dal nostro pubblico.
Erano loro che ci davano e mi davano la forza di continuare,
di trovare una motivazione di esistere e di essere.
Nel camerino appena entrato una volta sul divano sfinito mi
addormento quasi subito.
Il suono acuto mi dava fastidio a tal punto da farmi svegliare, la bocca impastata e gli occhi ancora gonfi, qualche passo trascinato
sul pavimento per arrivare davanti allo specchio del bagno.
Un po’ di acqua sul viso per riprendermi prima di accendere
la luce che come una fitta mi trapassava i bulbi oculari ogni mattina.
La barba sfatta e le borse sotto gli occhi, qualche ruga ai loro lati e la realtà davanti a me.
La schiuma posata sul viso e la lametta che scivolando
taglia quel prato nero che sul viso sembra sporco.
Ecco un altro giorno identico a ieri e uguale a domani…il
lavoro mi aspetta lì inesorabile, solo di notte mentre dormo
qualche volta il sogno ritorna a ricordarmi che forse…la mia vita non è questa
che vivo ma quella che sogno, quella che ho sempre sognato e che mai mi farà
sognare diventando realtà.
Chiudo la porta alle mie spalle lasciando dentro casa quell’alone
di sogno che evapora come i miei anni.
giovedì 15 settembre 2011
A un punto morto
Il dialogo a volte serve a comprendere le dinamiche della vita, il confronto a determinare se le azioni che stai per compiere o solo pensando siano sane, lo scontro a stabilire una ragione.
"...Allora cosa hai deciso?"
"Non lo so , non ho ancora deciso nulla...è tutto così confuso, instabile..."
"Capisco...quindi sei a un punto morto...!"
"Si ...credo di si...ma anche no! cioè nel senso che so cosa fare, ma non so come farlo"
"Si la cosa non cambia, sei a un punto morto..."
"No non è vero, un punto morto è un luogo dove nulla è mutato"
"Beh...è cosa è mutato da ieri?...nulla a quanto pare, quindi a un punto morto?"
"Mi stai facendo incazzare! Un punto morto è qualcosa che non si sposta, un'idea , un pensiero, che rimane identico nello stesso posto e io...invece..."
"Tu invece...cosa?"
"Come io cosa...! Io sto modificando i miei pensieri, le mie emozioni, i miei sentimenti, ti sembra poco?"
"No, non mi sembra poco...mi sembra...nulla..."
"Come nulla....che cazzo dici, come al solito non mi aiuti...lo sai che la mia situazione non è facile no?"
"Si lo so...e questo ti deve giustificare?"
"In che senso giustificare...di cosa?"
"Giustificare il fatto che resti dove sei mentre vorresti essere da un altra parte"
"Beh questo cosa significa....sto modificando i miei pensieri per arrivare ad essere in un altro luogo e non qui dove sono adesso, è una cosa che necessita un processo lungo e che deve accadere in modo naturale"
"Mmmmm...si ti ascolto ma non capisco"
"Cosa non capisci?"
"Il tempo di cui hai bisogno..."
"Le cose maturano in base alle stagioni, non posso far nascere una ciliegia in autunno"
"Ah capisco, quindi tu sei una ciliegia?"
" No che significa era solo una metafora!"
"Quindi tu sei una metafora?"
"Ohhhh madonna santa quando cominci così diventi insopportabile! Certo che non sono ne una cicliegia e nemmeno una metafora...era solo per farti comprendere di cosa parlo delle sensazioni che provo e del dolore che sento per questa situazione..."
"Capisco, quindi non sei ne una ciliegia ne una metafora...."
"Esatto hai capito bene"
"E allora perchè ti comporti come se tu lo fossi?"
"Insomma...sembra che tu non voglia capire"
"Capire cosa?"
"Quello che ti sto dicendo...hai ascoltato le mie parole?"
"Certo che si....e tu ascolti ciò che dici?"
"Che domande è ovvio che ascolto ciò che dico"
"Ne sei certo?"
"Certissimo..."
" Bene ...allora forse dovresti cominciare anche a fare ciò che dici e smettere di sentirti una cicliegia che deve maturare o una metafora che deve realizzarsi"
"Tu dici?"
"Si"
"Quindi cosa dovrei fare?"
"Quello che veramente senti..."
"Non è facile..."
"Lo so...nulla è facile"
"E allora che faccio?"
"Tu cosa vuoi fare?"
"Andare lì"
"Lì dove...?"
"Nel mio posto, quello giusto..."
"E allora vai..."
"Non è così semplice, la fai facile tu..."
"Può essere, ma potrebbe anche essere che sei tu che la fai difficile no?"
"Mmmmm...si potrebbe..."
"Allora? che fai?"
"Non lo so..."
"Sei a un punto morto quindi..."
"Non lo so..."
"Ti senti una ciliegia che deve ancora maturare?"
"Non lo so..."
"Allora forse ti senti una metafora da comprendere?"
"Non lo so..."
"C'è qualcosa che sai?"
"Non lo so..."
"Mmmmm....una cosa certa in tutta questa faccenda la sai però..."
"Cosa?"
"Che non sai..."
Dialogo tra l'uomo e il suo io....anima contro materia...chi vincerà?
Francesco Bonfitto.
"...Allora cosa hai deciso?"
"Non lo so , non ho ancora deciso nulla...è tutto così confuso, instabile..."
"Capisco...quindi sei a un punto morto...!"
"Si ...credo di si...ma anche no! cioè nel senso che so cosa fare, ma non so come farlo"
"Si la cosa non cambia, sei a un punto morto..."
"No non è vero, un punto morto è un luogo dove nulla è mutato"
"Beh...è cosa è mutato da ieri?...nulla a quanto pare, quindi a un punto morto?"
"Mi stai facendo incazzare! Un punto morto è qualcosa che non si sposta, un'idea , un pensiero, che rimane identico nello stesso posto e io...invece..."
"Tu invece...cosa?"
"Come io cosa...! Io sto modificando i miei pensieri, le mie emozioni, i miei sentimenti, ti sembra poco?"
"No, non mi sembra poco...mi sembra...nulla..."
"Come nulla....che cazzo dici, come al solito non mi aiuti...lo sai che la mia situazione non è facile no?"
"Si lo so...e questo ti deve giustificare?"
"In che senso giustificare...di cosa?"
"Giustificare il fatto che resti dove sei mentre vorresti essere da un altra parte"
"Beh questo cosa significa....sto modificando i miei pensieri per arrivare ad essere in un altro luogo e non qui dove sono adesso, è una cosa che necessita un processo lungo e che deve accadere in modo naturale"
"Mmmmm...si ti ascolto ma non capisco"
"Cosa non capisci?"
"Il tempo di cui hai bisogno..."
"Le cose maturano in base alle stagioni, non posso far nascere una ciliegia in autunno"
"Ah capisco, quindi tu sei una ciliegia?"
" No che significa era solo una metafora!"
"Quindi tu sei una metafora?"
"Ohhhh madonna santa quando cominci così diventi insopportabile! Certo che non sono ne una cicliegia e nemmeno una metafora...era solo per farti comprendere di cosa parlo delle sensazioni che provo e del dolore che sento per questa situazione..."
"Capisco, quindi non sei ne una ciliegia ne una metafora...."
"Esatto hai capito bene"
"E allora perchè ti comporti come se tu lo fossi?"
"Insomma...sembra che tu non voglia capire"
"Capire cosa?"
"Quello che ti sto dicendo...hai ascoltato le mie parole?"
"Certo che si....e tu ascolti ciò che dici?"
"Che domande è ovvio che ascolto ciò che dico"
"Ne sei certo?"
"Certissimo..."
" Bene ...allora forse dovresti cominciare anche a fare ciò che dici e smettere di sentirti una cicliegia che deve maturare o una metafora che deve realizzarsi"
"Tu dici?"
"Si"
"Quindi cosa dovrei fare?"
"Quello che veramente senti..."
"Non è facile..."
"Lo so...nulla è facile"
"E allora che faccio?"
"Tu cosa vuoi fare?"
"Andare lì"
"Lì dove...?"
"Nel mio posto, quello giusto..."
"E allora vai..."
"Non è così semplice, la fai facile tu..."
"Può essere, ma potrebbe anche essere che sei tu che la fai difficile no?"
"Mmmmm...si potrebbe..."
"Allora? che fai?"
"Non lo so..."
"Sei a un punto morto quindi..."
"Non lo so..."
"Ti senti una ciliegia che deve ancora maturare?"
"Non lo so..."
"Allora forse ti senti una metafora da comprendere?"
"Non lo so..."
"C'è qualcosa che sai?"
"Non lo so..."
"Mmmmm....una cosa certa in tutta questa faccenda la sai però..."
"Cosa?"
"Che non sai..."
Dialogo tra l'uomo e il suo io....anima contro materia...chi vincerà?
Francesco Bonfitto.
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