domenica 7 ottobre 2018

ECCOMI DI NUOVO QUI

Ciao a tutti , dopo ben 5 anni sono tornato a recuperare questo blog che da tempo non riuscivo piu a gestire , perche non riuscivo piu ad accedere alla pagina. Ma adesso sono ancora qui e ho visto piacevolmente che durante la mia assenza forzata dal blog le visualizzazioni sono arrivate quasi a 10.000 Sono cambiate molte cose negli ultimi 5 anni e chi ne avrà voglia potra seguirmi sul blog cosi scoprirete con me cosa e' accaduto in tutto questo tempo. A presto..Francesco

lunedì 4 marzo 2013

IL MUSICISTA PIRLA!

Il musicista pirla è quel tipico personaggio che se la tira e se la mena guardando e trattando le persone male, camminando a un metro da terra e osservando chi gli gravita intorno con fare di sufficienza e pietà assoluta. Io di musicisti pirla ne ho conosciuti tanti, perche? Perché anch’io sono un musicista e mi ritengo un buon musicista che oltre al piacere di fare arte ama divertirsi facendo arte, ma tornando a bomba sul musicista pirla tipo vorrei raccontare una breve chicca appena accaduta durante una serata in un locale. Il tutto è avvenuto durante un bel contest, ben organizzato, ben strutturato, fatto e creato da gente che crede nell’arte e che crede nella musica emergente, tutto bellissimo ma ecco che come al solito a rovinare tutto spunta il musicista pirla! La situazione era questa: locale bello, bel palco, belle luci, impianto audio un po’ meno, ma diciamo che nel complesso un buon livello. Unica pecca, pubblico zero e poi non dimentichiamoci del musicista pirla! La serata era divisa in tre parti con tre band una era la mia, un'altra band di ragazzi giovanissimi e simpaticissimi oltre che bravi e poi….eccoli, loro gli splendidi, i bravissimi quelli che si sentono famosi e sono in realtà il nulla! La band di musicisti pirla! Erano talmente gonfi della loro bravura…che bravura non era…che anche salutare diventava per loro difficile, anzi direi impossibile…infatti, non hanno salutato nessuno se non i proprietari del locale che già conoscevano con cui erano culo e camicia….insomma i famosi del nulla sospesi a venti centimetri da terra mentre sfioravano noi comuni e inetti musicisti. Il palco era loro, gli strumenti montati per fare il sound check e giustamente i musicisti pirla al sound check non si sono presentati, ma insomma che dire i famosi del nulla possono fare anche queste cose. Morale della favola la band di musicisti pirla stanno puntando a vincerlo questo contest, ma a cosa serve vincerlo in modo scorretto? Chi semina vento raccoglie tempesta, occhio al musicista pirla!

sabato 2 marzo 2013

Nessuno tocchi i potenti

Ciao a tutti, premetto che mi sento onorato di far parte, finalmente, di un movimento come quello di cinque stelle, forse dopo cinquanta anni di fascismo vestito di democrazia anche il semplice cittadino avrà un peso all’interno di tutto ciò che accade e non sarà solo un semplice osservatore che deve attenersi a qualsiasi angheria dei “manovratori “ delle nostre vite. Volevo toccare un argomento che forse è sfuggito un po’ a tutti, certo si può pensare che sia qualcosa di meno importante di tutti i problemi che ci sono da risolvere in questo periodo nel nostro bel paese, questo non toglie che sia meno importante di tutto il resto. Vorrei parlare dell’arte. Arte nel senso generico della parola, dallo scrittore al musicista, dal poeta all’attore, dal comico al presentatore, insomma tutte quelle categorie che rientrano nel mondo reale di ciò che è arte. Ho quarantasei anni e da quando ne avevo undici, ho cominciato a posare le mie dita su una tastiera bianca e nera, i sogni che nella testa giravano allora erano quelli di poter vivere una vita fatta di musica e composta di sogni da realizzare. Fino a qui nulla di che, ogni bimbo ha un sogno in testa, ogni bimbo vuole fare l’astronauta, ogni bimbo crede fermamente che la luna si possa raggiungere ed è giusto che sia così. Però la vita, il diventare adulto, le responsabilità che l’uomo ha generato e costruito ad hoc per rendersi più credibile agli occhi degli altri con il passare degli anni distruggono inesorabilmente tutti i sogni che quel bimbo aveva nella testa, e la luna diventa sempre di più un sasso immobile nel cielo perdendo tutta la sua magia. Il mio discorso può sembrare quello di un uomo insoddisfatto e deluso un uomo che si è trovato a osservare la luna dopo aver perso il sogno di raggiungerla e invece no. Sono ancora qui a quarantasei anni pensando che la luna è ancora raggiungibile. Non ho mai smesso di appoggiare le mie dita sulla tastiera fatta di tasti bianchi e neri e non ho mai smesso di sognare che sia possibile. Sì ma possibile cosa? Non faccio la professione del musicista, vi sembra così sciocco pensare ancora che sia possibile vivere di arte, vivere di musica? Se devo parlare come l’uomo che è dovuto diventare adulto, responsabile, senza “grilli”, scusate l’allusione, per la testa si dico che è impossibile, se devo parlare a nome del bimbo di undici anni che sogna di poter avere la luna dico che è già fatto. Ora per un attimo vorrei che siano questi due protagonisti a parlare vorrei che siano loro a esporre quello che realmente accade e comincerei dall’uomo adulto, quella parte che dentro ognuno di noi si è andata a creare obbligatoriamente nel corso della vita. L’UOMO ADULTO Un musicista per fare tale lavoro principalmente, che sia da solo o con un gruppo di musicisti deve avere una componente di base: il talento. In Italia per scoprire un talento abbiamo bisogno dei talent show, di giudici che emettono verdetti veloci facendo si che il talentuoso di turno si giochi una vita di sacrifici in soli tre minuti. Alla fine se i tre o quattro giudici reputano che il talento c’è allora passi e vai avanti se secondo loro non c’è a casa! Questo tipo di situazione è già penosa di suo se poi pensiamo al fatto che lo spettacolo si basa su un ritorno pubblicitario a favore degli editori e produttori del programma direi che diventa devastante e distruttivo. I giudici con quali qualifiche si presentano e poi…perché mai devi essere giudicato e non esaminato? Arrivare sul palco di un talent show non è comunque cosa semplice, anche li devi avere le “amicizie” giuste. Facciamo finta che il talent show lo vinci, e dopo? Il nulla. Mancano le basi della costruzione mancano le fondamenta del palazzo, alla prima scossa di terremoto tutto crolla. Nessuna gavetta, nessuno sforzo, risultato? Il nulla. Scendiamo di un gradino proviamo a pensare di voler suonare nei locali del territorio nazionale. Si potrebbe pensare di prendere un furgone e girare tutta la bella Italia fermandosi nei locali chiedendo di poterci suonare per sbarcare il lunario attendendo il momento giusto, attendendo la persona che abbia i mezzi economici e che creda in ciò che fai per poterci almeno provare…e invece, no. No perché la prima cosa che un gestore o proprietario di locale chiede è: fate le cover? brani di artisti già famosi) Avete un seguito? La risposta alle due domande è : no, no. Allora non possiamo metterci d’accordo. Nove su dieci i proprietari o gestori di locali richiedono queste due cose brani di gente già famosa e il seguito della band o dell’artista che si sta proponendo. Insomma la storia del cane che si morde la coda. Il proprietario del locale si vuol garantire una buona vendita di birra con il tuo seguito di pubblico e se fai le cover secondo lui la gente, si recherà nel suo locale più volentieri. La domanda che mi sorge spontanea è: ma se sono saltato su un furgone girando a destra e sinistra tutta l’Italia per cercare di farmi conoscere come posso avere un seguito? E se faccio la musica già “ famosa” quando propongo la mia non “famosa”? Insomma sembra impossibile ma è così. A questo punto devo pensare che chi la musica l’ha fatta diventare famosa ha avuto solo un gran culo? Forse… Nel caso, per concludere, un proprietario o gestore di locale ti assegni una data, bene che vada ti da un bel Giovedì sera (giorno desertificato a livello di pubblico) senza rimborso spese, in fondo lui ci mette il locale e ti da la possibilità di farti conoscere! Conoscere da un pubblico fantasma che è rimasto a casa a guardarsi uno dei tanti talent del caso. Ah dimenticavo, la birra che bevi aspettando l’inizio del tuo concerto per fare ascoltare a “ nessuno” la tua musica “ non famosa” te la paghi! IL BIMBO E’ così semplice, è così naturale, è così vero, è così già tutto accaduto che sia impossibile un’altra versione dei fatti, sarò un astronauta, un pittore, un musicista, un comico, un attore, uno scrittore, un poeta, un presentatore, un doppiatore…io sono. Questa è la forza dei bambini loro “sono”…gli adulti devono “diventare” e lo fanno con il denaro con le posizioni di rilievo nel mondo del lavoro, e diventano “potenti”. Piccolezze dell’uomo. Nessuno tocchi i potenti. Francesco Bonfitto.

sabato 31 dicembre 2011

Il mio nome è...


             Il mio nome è…

Questa è una storia che arrivando dal passato attraversando il presente e progettando il futuro ha realizzato un sogno.
Tutto quello che scriverò è tutto quello che realmente è accaduto.
Ho conosciuto due persone anni fa e per un periodo di tempo le ho osservate da lontano, quasi spiate, anzi senza quasi.
E’ cominciato tutto per caso un giorno mentre ero in un centro commerciale nei pressi del reparto donna situato vicino a agli scaffali dei trucchi, sapete quelle robe strane che le donne usano per diventare più belle?
Bene, una commessa stava sistemando i vari articoli in ordine meticoloso, colore per colore, modello per modello e prezzo per prezzo.
Ero estasiato nell’osservare quella creatura che mentre lavorava sembrava assorta nei suoi più profondi pensieri.
I suoi lunghi capelli castano scuro , gli occhi grandi color nocciola , dita affusolate che denotavano una delicatezza estrema, labbra rosa carnose e sensuali, insomma tutto era perfettamente al posto giusto, nessuna sbavatura.
All’improvviso il suo sguardo si alzò e cominciò a fissare un punto non ben precisato di fronte.
Non capivo cosa stesse osservando per i primi istanti, ma subito fu chiaro.
Un personaggio robusto con una lunga giacca di pelle nera, una maglietta aderente nera pantaloni …neri…e stivali chiaramente neri stava attraversando la il reparto diretto non si sa bene dove, forse nel retro, si era il retro del negozio, infatti ci sparì dentro.
La commessa non distolse lo sguardo di un millimetro sembrava rapita o come quasi in ipnosi, e forse lo era perché mi avvicinai ancora di più a lei per cercare di carpirne lo sguardo, ma lei non si accorse di me.
Le sue labbra si erano socchiuse, i suoi occhi erano aperti come quando si vede qualcosa che non si è mai visto, le sue dita tenevano un rossetto color porpora che non cadeva a terra solo perché si era incastrato tra le sue mani che sembravano deboli senza presa.
Dopo qualche istante l’uomo dalla lunga giacca di pelle nera riapparse dal retro del negozio e sul viso della commessa dalle labbra carnose si fece strada un lieve sorriso, una sorta di beatitudine che sembrava scaturire una sola ed unica domanda: “ Ma chi sei?”
Non so perché ne se poi è realmente andata così ma quel pensiero sembrava si fosse materializzato a tal punto che l’uomo dalla lunga giacca di pelle nera girò il suo sguardo proprio nella sua direzione.
Ero uno spettatore privilegiato anche perché quando i due cominciarono a fissarsi a distanza cominciai ad avere la sensazione che tutto intorno si fosse fermato, insomma ero spettatore di un momento di sospensione temporale di due anime che in qualche modo si erano trovate…o forse ri-trovate.
L’uomo dalla lunga giacca di pelle nera fece un sorriso aperto e solare e la commessa dalle carnose labbra rosa, come risvegliata da suo stato ipnotico rispose immediatamente con un altrettanto sorriso aperto, “Dio questo non lo avevo ancora notato” il suo sorriso era ancora più bello di tutto il resto, anzi no completava quel quadro già perfetto.
A quel punto mi sono sentito di troppo, lui si stava avvicinando e allora io mi allontanai, non di molto, ma mi allontanai.
Li guardavo mentre si conoscevano e avevo la netta sensazione che si conoscessero da sempre, invece non era così, non si erano mai visti prima…o forse si, in un’altra vita, in un altro mondo.
Si scambiavano sorrisi e sguardi che lasciavano poco spazio all’immaginazione, cioè, se avessero potuto si sarebbero baciati immediatamente , era una sensazione palpabile.
Ma no, lui dopo pochi minuti si allontano lasciando il negozio.
Tornai ad osservare la commessa dalle carnose labbra rosa, beh…lo aveva seguito con lo sguardo fino a che lui si perse tra la gente che affollava il centro commerciale.
Poi con una quiete strana in viso tornò a risistemare i suoi articoli sullo scaffale, ma con una differenza, questa volta i suoi pensieri sembravano più chiari, il suo lieve sorriso lo confermava.
Da quel giorno li ho seguiti spesso mentre l’uomo dalla lunga giacca di pelle nera tornava a trovare la commessa dalle carnose labbra rosa in negozio e tutto sembrava andare per il verso giusto, fino a che un giorno li vidi discutere e separarsi…
La commessa dalle carnose labbra rosa gli voltò le spalle e andò via...
L’uomo dalla lunga giacca di pelle nera salì sulla sua macchina e sparì dietro l’angolo della strada.
Come poteva essere che avessi visto male?
Come potevo aver confuso quella gestualità, quei sorrisi, quegli sguardi che si erano scambiati in tutti quei mesi?
Qualcosa non quadrava.
Allora mi presi la briga di seguirli singolarmente per capire cosa stessero combinando.
Beh quello che scoprii mi lasciò senza parole, l’uomo dalla lunga giacca di pelle nera era mano nella mano con un’ altra donna e la commessa dalle carnose labbra rosa addirittura l’ho vista in una casa insieme a un altro uomo, ci viveva insieme.
Non avevo capito nulla, mi ero lasciato fregare dai loro comportamenti e ci erano riusciti anche bene, molto bene!
Questo mi fece arrabbiare a tal punto che decisi di lasciarli perdere, di mandarli al diavolo, e così feci!
Negli anni a venire ogni tanto mi tornavano in mente l’uomo dalla lunga giacca di pelle nera e la commessa dalle carnose labbra rosa, e mi ponevo sempre la stessa domanda, ma perché non ha funzionato?
Beh quando si dice che a volte le cose che si pensano si avverano, ho alzato gli occhi e li ho visti!
Insieme mano nella mano mentre passeggiavano all’esterno di un centro commerciale girovagando tra le bancarelle addobbate per le festività natalizie.
Mi sono avvicinato per verificare che fossero proprio loro due, si erano proprio loro!
Erano passati sette anni dalla prima volta che incrociai i loro sguardi e li avevo abbandonati alle loro vite…avevano deciso così e invece eccoli qui insieme, incredibile cosa può fare il tempo e la vita.
Ho voluto raccontarvi questa storia perché sono quelle condizioni della vita che io prediligo e che amo seguire, soprattutto quando hanno un lieto fine.
Beh ora vi saluto si è fatto tardi vado a cercare qualche altro sguardo da seguire.
Ah dimenticavo non mi sono presentato: “Piacere il mio nome è Destino”




mercoledì 14 dicembre 2011

Sarà un Natale felice


Sarà un Natale felice, no, non credo che sarà un Natale felice.
Improvvisamente tutto ti crolla addosso proprio mentre sei arrivato alla meta, tutto si dissolve, le tue certezze, i tuoi punti fermi e tutto ciò che la tua vita fino a quel momento avevano, in qualche modo, creato chi eri.
La difficoltà sta nel cambiare, sosta nel modificarsi e nel lasciarsi tutto alle spalle senza sentire alcun rimorso, senza provare nessuna emozione per ciò che è stato.
Compito molto arduo e complicato che richiede una dose di tempo non ben definita.
Far finta di nulla potrebbe essere una soluzione, ma non è la direzione più idonea, reprimere solitamente porta all’esplosione alla fine, senza farti vivere nulla, né presente né futuro.
Si ha la sensazione di aver paura di muoversi, di spostarsi in qualsiasi direzione e immancabilmente ti ritrovi immobile, fermo, staticamente nello stesso punto, come se il tempo si fosse fermato formando una bolla di antimateria che nulla crea e niente distrugge.
Guardo la mia casa e ritrovo la stessa confusione che nella testa si affaccia in periodi diversi del giorno.
Ti senti euforico e poi triste, felice e poi angosciato, sicuro e poi incerto, un su e giù interminabile che mette a dura prova i tuoi nervi e le tue difese.
E ti ritrovi immancabilmente solo davanti a uno schermo a scrivere ciò che dentro si crea e si distrugge attimo dopo attimo.
La luce fioca della lampada e la musica di sottofondo t’immergono ancor di più nelle emozioni che si alternano tra negativo e positivo, come una bussola impazzita che non riesce più a trovare il suo Nord.
Stendersi sul letto provare a dormire o a chiudere gli occhi immaginando un mondo diverso da quello che stai vivendo, rimane, a volte, l’unica soluzione per evitare di fermare anche i battiti del tuo cuore.
E vuoi intensamente ciò che hai cercato e voluto per tanto tempo, e vuoi che tutto si possa cancellare in un solo secondo, qualsiasi ricordo, qualsiasi cosa che ti possa ricondurre a un passato non così poi remoto, come un cancelletto che passa sulla lavagna con un gesto netto e deciso a togliere il gesso che scriveva ciò che sembrava indelebile sulla tavola nera, creando quel pulviscolo bianco che lentamente cade verso il pavimento.
Ascolta il tuo cuore, segui ciò che ti dice e non sbaglierai mai.
Il cuore a volte è come spaccato, come diviso in due parti uguali tra passato e presente, tra futuro e infinito.
Fibrilla, vibra, palpita in continuazione mantenendo un costante battito irregolare, direttamente collegato ai tuoi pensieri, alle tue emozioni.
Sarà un Natale felice, no, non credo che sarà un Natale felice.
Sarò comunque da solo e qualcuno sarà triste come me.
Non ha importanza la distanza che si frappone fra te e chi soffre, non ha importanza chi prova dolore e non ha importanza dove e come, certo è che non sarà un Natale felice.



mercoledì 7 dicembre 2011

Notte




Il cuore batte nella notte che lentamente si avvicina alle luci dell’alba.
Accendo un’altra sigaretta che raschia la mia gola fino a raggiungere i miei polmoni, lo so…non fa per nulla bene, ma in notti come queste sono le uniche compagne che mi restano.
Il resoconto della tua vita è lì davanti ai tuoi occhi e continui a vivere di emozioni vissute con la donna che ami, con la donna che senti la tua esatta metà.
Ricordi per ora solo ricordi, un solo passo ancora e tutto potrebbe essere…
Sai bene che stai facendo soffrire…la sospensione di una vita che mangia i propri pensieri, continui, incessanti.
Il sonno che non arriva mai, ci provi, ti stendi, appoggi la testa sul cuscino chiudi gli occhi e senti che è giusto far riposare il tuo corpo, la tua mente, la tua anima.
No…nulla!
Sveglio, completamente vigile nonostante il buio della stanza e delle palpebre che t’isolano da ciò che ti circonda.
Perdersi in un sonno ristoratore sarebbe un’ottima soluzione, e invece…i bulbi oculari continuano a muoversi sotto le palpebre inseguendo le immagini, i ricordi, il tuo sorriso.
Un bicchiere d’acqua fresca scende nella gola come a spegnere tutto ciò che dentro senti bruciare, un solo attimo di refrigerio e poi nuovamente il turbinio di pensieri, ricordi, sensazioni riprendono il sopravento senza darti scampo.
Fuori è buio i lampioni della strada con il loro color arancione illuminano l’asfalto lievemente bagnato facendo scintillare il grigio pavimento, come se fosse un piccolo ruscello illuminato dalla luna.
Quanti pensieri attraversano la mente, quante emozioni colpiscono il cuore, ogni volta una piccola pugnalata, ogni volta una lacerante emozione che ti lascia senza fiato.
La vita è un viaggio indefinibile, ogni cosa accade quando deve accadere, ogni cosa non succede quando deve succedere, un rebus infinito che forse non avrà mai nessuna risposta.
Accenderò un’altra sigaretta ammirando l’alba, aspettando il nuovo giorno, sperando in un momento di pace, credendo che tutto possa cambiare, che tutto sia quel che deve essere.


Francesco Bonfitto

lunedì 5 dicembre 2011

Pensiero


Essere precisi nelle cose non è sempre facile, essere costanti nelle circostanze non è sempre possibile, essere coerenti con le proprie credenze non sempre è giusto.
Questo, se la situazione vissuta è normale già diventa difficile, se poi, le situazioni sono ancor più intricate, al peso della normale vita si aggiunge ulteriore carico, per via di ciò, tutto diventa più insopportabile e faticoso.
Alcune volte si fanno cose che vanno al di là della normale percezione della realtà, e in alcuni casi ci si lascia trasportare dal sentimento e da ciò che in quel momento sembra essere la cosa giusta, forse perché, è la cosa giusta.
Poi subentrano altre condizioni che rendono la camminata una corsa in salita, una delle condizioni meno idonee per certi faticosi percorsi è: la fiducia.
Spesso avere fiducia non è facile, non averne solitamente rovina i rapporti, che siano di amicizia o d’amore, facendo diventare e trasformando tutto da colorato in bianco e nero.
Le cose che si vedono non hanno più quelle sfumature che ti rendono il solo pensiero di una certa situazione o cosa come un quadro variopinto pieno di colore, ma la fanno divenire una tela monocromatica con, al limite, qualche sfumatura di grigio.
Allora, a quel punto, le cose sembrano cambiare drasticamente, come se volessero mutare da sole, come se fossero ormai sotto il controllo di forze esterne che dominano la tua volontà.
Ti senti impotente davanti a simili circostanze e la voglia più recondita è chiudersi in se stessi, come un riccio che avverte un pericolo facendosi scudo con i suoi acuminati pungiglioni.
La fiducia è tutto, se viene a mancare subentra un’altra prospettiva dettata da un secondo intralcio allo scorrere naturale delle cose: il dubbio.
Situazione + sfiducia = dubbio.
La circostanza che ci porta alla sfiducia innesca in modo completamente automatico il dubbio, e questo nuovo scenario non fa altro che distorcere ulteriormente la condizione, insomma, un cane che si morde la coda all’infinito.
Ci sono cose da comprendere e cose da sopportare qualsiasi sia la posizione che si occupa, che ci si trovi nella posizione di trasmettente o ricevente, la sopportazione a certi pesi a volte diventa troppo per chiunque.
Che sia amore o amicizia il peso diventa troppo pressante, arrivando anche a pensare che tutto possa finire nell’arco di un solo secondo.
Ci sono desideri che si vorrebbero attuare immediatamente e questo, non sempre è possibile, non sempre è realizzabile.
Anche la pazienza però, ha i suoi limiti, e questo ti porta inesorabilmente, a volte, a un nuovo stadio: l’isolamento.
Condizione che ci pone soli con se stessi per cercare di ascoltarsi fino in fondo, giù nel profondo dell’anima, per cercare di carpire anche le più insignificanti sensazioni, che solitamente, con il rumore della vita non si riescono a percepire.
A quel punto si comincia ad apprezzare il silenzio e tutto ciò che può avvicinarti al tuo più profondo “Io”, allo stadio più sconosciuto di te stesso, il silenzio della tua mente diventa il verbo della tua anima.
Se riesci ad arrivarci puoi scoprire cose anche spiacevoli, o nella migliore delle ipotesi anche cose rivelatrici e parzialmente piacevoli.
Ascoltarsi nel silenzio della mente può darti delle risposte alle domande che nella confusione non trovavano alcuna uscita, per via del rumore dell’esistenza.
Bisogna fermarsi e ascoltarsi almeno una volta nella vita, forse è giunto il momento di decriptare i segnali che dall’interno arrivano, escludendo momentaneamente, qualsiasi segnale esterno.
Queste sono solo parole, queste sono solo e ancora soltanto parole, forse, in queste parole però un fondo di vero c’è.
Io mi fido di me stesso, non posso pretendere che anche gli altri lo facciano.
Un passo alla volta e tornerò ad essere felice, un passo alla volta e ricomincerò a camminare.
Dedicato a tutti quelli che mi amano e a tutti quelli che mi odiano.

mercoledì 30 novembre 2011

Tra luce e buio


Certo non ero ancora riuscito a fare quello che dovevo fare, ma una cosa era certa, non potevo più andare avanti così.
Nella mia piccola casa colorata alle pareti di bordò, il calore del riscaldamento mi separava dal freddo intenso che fuori ingrigiva ogni cosa.
Nella mia testa un solo pensiero fisso: “Devo concludere questa faccenda, altrimenti impazzisco”.
La tazza di caffè nero calda tra le mie mani diffondeva una sorta di brivido in tutto il mio corpo, lasciandomi intorpidito nei miei pensieri.
Alcuni bambini giocavano nel cortile incuranti del freddo tagliente che arrossava le loro guance, mentre le madri parlavano chissà di quali consueti discorsi tra sorrisi e gesti armoniosi, come a mostrare che tutto nella loro vita andasse per il verso giusto.
Un film muto attraverso la grande finestra di casa che mi portava in contatto con l’esterno, con il mondo, dandomi la possibilità di separarmi per qualche istante dal mio pensiero, quel pensiero fisso.
Un pensiero di gioia e tristezza come in contrapposizione tra la luce e il buio, il giorno e la notte, l’estate e l’inverno opposti che si ritrovano in un solo pensiero.
Sensazioni opposte che riempivano continuamente la mia testa e ingrossavano il mio cuore fino a farlo quasi esplodere.
Alcune gocce di pioggia cominciavano a scendere bagnando il tavolo tondo colorato di blu elettrico sul terrazzo, la candela di sale si scioglieva lasciando rivoli di sale sciolto che si separava in due nuovi piccoli affluenti dopo aver incontrato il posacenere argentato pieno di mozziconi di sigaretta, ormai lì da alcuni mesi.
Le gocce cominciarono a diventare più grandi e l’intensità della precipitazione a essere più fitta fino a non riuscire più a vedere nemmeno la palazzina di fronte alla mia.
Le mamme nel cortile recuperavano, correndo a ripararsi sotto i portici, i loro piccoli cuccioli che sembravano comunque incuranti dell’acqua.
Il silenzio della mia casa a volte mi faceva male e ancor di più quando le giornate invernali piovose e grigie mutavano la tristezza del momento in angoscia.
Un pugno allo stomaco ripetuto più volte, una presa alla gola da cui liberarsi diventava impossibile, l’aria che sembrava fermarsi nella trachea senza fluire attraverso i polmoni e il cuore cominciava a battere senza un ritmo stabile.
Lì però, in quella casa, nella mia casa mi sentivo al sicuro, protetto da qualsiasi cosa.
A volte le cose si mettono di traverso e non ti danno la possibilità di continuare, di procedere, di evolverti, di arrivare alla tua meta.
Le difficoltà si mettono tra te e i tuoi sogni, tra te e le tue ambizioni, tra te e l’amore come un ospite indesiderato.
Non hai più nessuna voglia, nessuno stimolo distruggendo tutto dentro e fuori di te.
Solo una gran voglia di dormire, forse, per chiudere gli occhi nella speranza di non dover pensare, ma anche quello spesso diventa un lusso.
Qualcosa ti tiene sveglio per giorni interi e le tue occhiaie diventano più incisive, più evidenti, più profonde.
La tua immagine allo specchio diventa sempre meno gradevole, gli occhi cominciano a vederti in modo diverso facendo sparire il sorriso dalle tue labbra, facendo svanire la gioia, lasciando il posto alla tristezza.
La luce spostandosi cede il posto in modo ordinato e meticoloso al buio, dapprima lasciandoti in ombra per poi oscurarti completamente.
Non hai più punti di riferimento e come un non vedente cominci a brancolare nel nero più totale, una macchina impazzita senza controllo, un volo ingovernabile verso il nulla.
La tazza di caffè ormai fredda mi dona un nuovo brivido, questa volta gelido, che attraversa nuovamente il mio corpo completamente.
Ho bisogno di scaldare tutto ciò che dentro di me improvvisamente sembra diventare freddo, ma non trovo nulla che mi aiuti, l’ultimo brivido fa calare il buio e i miei occhi chiudendosi cercano un po’ di conforto nel sonno, sempre che arrivi, sempre che mi catturi regalandomi qualche ora di serenità.
Proverò a dormire un po’… tra la luce e il buio.

venerdì 14 ottobre 2011

Quello che non ho



 Il vocio arrivava dal palazetto dal back stage il rumore delle voci sembrava un ronzio continuo.
Quanti anni c’erano voluti per essere li, quanti sacrifici, quante porte sbattute in faccia, quanti no avevo dovuto sentire, quanto fiele amaro avevo dovuto ingoiare per arrivare lì.
“E’ pieno ragazzi, il palazetto è zeppo di gente, tra poco si comincia”
Lucio era uno dei tanti che negli anni ci aveva negato qualsiasi possibilità di emergere, ora invece che eravamo diventati un business, una macchina macina soldi si affrettava dietro il back stage assicurandosi che fossimo pronti per lo spettacolo.
“Due minuti e si comincia”
Nella mia testa c’erano solo due parole “Fanculo coglione”
Era ovvio che fosse pieno, dopo tutto quello che avevo passato con i ragazzi in tutti gli anni trascorsi a suonare in locali malfamati con retribuzioni da fame, era arrivato il nostro momento.
Certo, chi ora dirigeva e gestiva le nostre finanze non aveva nulla a che fare con il nostro successo, perchè se non fosse stato per quel grasso uomo che una sera per “caso” si trovava a passare in uno dei tanti localini dove buttavamo sangue e anima suonando, se non fosse stato per quel tizio apparso dal nulla,che tanto aveva insistito proprio con i grandi esperti delle case discografiche che ci avevano sempre snobbato, beh se non ci fosse stato quel grasso uomo, probabilmente, saremmo ancora in quei locali sudici a sognare di diventare famosi.
Ma questa è un’ altra storia, una storia del passato, ora eravamo nel back stage di un palazzetto con 15.000 persone che aspettavano solo che noi salissimo sul palco per ascoltare quello che dalle nostre menti e dai nostri cuori era nato.
Nel palazzetto le luci si spensero completamente era arrivato il momento, come sempre in quel preciso istante ogni cosa svaniva, non ricordavo più nulla e il panico si mischiava all’adrenalina, un cocktail letale per il cuore che batteva all’impazzata al ritmo delle voci dei 15.000 che urlavano: “Fuori, fuori, fuori…”
La batteria cominciava a tenere il tempo, eravamo già tutti sul palco ai nostri posti un ultima occhiata alla mia postazione e le varie luci che dalle tastiere arrivavano mi confondevano ogni volta, guardavo ma non vedevo, anche se qualcosa fosse stato non a posto ormai era troppo tardi, il grande telo nero che ci separava dalla folla da lì a pochi istanti sarebbe caduto a terra e ci avrebbe svelato quella massa di persone che impazziva per noi , che amava tutto di noi, che conosceva a memoria ogni intonazione, ogni parola , ogni respiro delle nostre canzoni.
Un secondo e il telo era a terra le luci infiammarono la platea e davanti ai nostri occhi un mare di mani alzate al cielo e le urla che arrivavano fino a noi nonostante l’elevato volume della musica.
Sotto al palco le mani si allungavano come a volerci toccare qualcuno tentava di salire ma il servizio d’ordine teneva a bada la situazione.
Mentre le mie dita scorrevano sui tasti delle gocce di sudore le bagnavano, avevamo cominciato solo da pochi minuti eppure quel sudore mi confermava che ci stavo mettendo l’anima, che stavo dando tutto me stesso ad ogni singola persona che era accorsa li per me, per noi, per ascoltarci.
La fine del primo brano e l’urlo che si levava nell’ aria sembrava un boato atomico.
Il secondo brano in scaletta era una hit dell’estate appena passata, appena finito il breve discorso del cantante con i saluti alla città e ai fans cominciai a toccare i tasti che intonavano proprio quel brano che tanto aveva spopolato durante l’estate, un’ urlo ancora più forte di quello sentito alla fine del primo brano come un’onda d’urto arrivo al mio stomaco, le mani mi tremavano ogni volta che sentivo quel calore dovuto a quelle voci che sembravano alzarsi all’unisono, anzi era proprio così, aspettavano tutti solo di poter urlare per farci capire quanto ci amavano.
Il concerto continuò senza intoppi in un crescendo di emozioni, l’ odore acre dei fumi di scena invadevano la mia trachea lasciandomi ogni volta sempre quello strano sapore di mela verde in gola e sulla lingua.
Ultimo brano e via dietro il back stage, stanchi sudati, sfiniti, ma con dentro tanto tanto amore.
Le voci non accennavano a calmarsi ci volevano ancora fuori…qualche minuto d’incitamento prima di ritornare sul palco per un ‘ulteriore boato che ci accoglieva ogni volta  che tornavamo sul palco per raggiungere la propria postazione.
Le luci si accesero nel palazetto una volta finito il concerto e dal back stage guardavo tutte quelle persone che si dirigevano verso le quattro uscite.
Le fasce sulla testa, le magliette, le felpe, i cappellini con il nome della nostra band si allontanavano insieme al nostro pubblico, indossate dal nostro pubblico.
Erano loro che ci davano e mi davano la forza di continuare, di trovare una motivazione di esistere e di essere.
Nel camerino appena entrato una volta sul divano sfinito mi addormento quasi subito.
Il suono acuto mi dava fastidio a tal punto da farmi svegliare, la bocca impastata e gli occhi ancora gonfi, qualche passo trascinato sul pavimento per arrivare davanti allo specchio del bagno.
Un po’ di acqua sul viso per riprendermi prima di accendere la luce che come una fitta mi trapassava i bulbi oculari ogni mattina.
La barba sfatta e le borse sotto gli occhi, qualche ruga ai loro lati e la realtà davanti a me.
La schiuma posata sul viso e la lametta che scivolando taglia quel prato nero che sul viso sembra sporco.
Ecco un altro giorno identico a ieri e uguale a domani…il lavoro mi aspetta lì inesorabile, solo di notte mentre dormo qualche volta il sogno ritorna a ricordarmi che forse…la mia vita non è questa che vivo ma quella che sogno, quella che ho sempre sognato e che mai mi farà sognare diventando realtà.
Chiudo la porta alle mie spalle lasciando dentro casa quell’alone di sogno che evapora come i miei anni.


giovedì 15 settembre 2011

A un punto morto

Il dialogo a volte serve a comprendere le dinamiche della vita, il confronto a determinare se le azioni che stai per compiere o solo pensando siano sane, lo scontro a stabilire una ragione.

"...Allora cosa hai deciso?"
"Non lo so , non ho ancora deciso nulla...è tutto così confuso, instabile..."
"Capisco...quindi sei a un punto morto...!"
"Si ...credo di si...ma anche no! cioè nel senso che so cosa fare, ma non so come farlo"
"Si la cosa non cambia, sei a un punto morto..."
"No non è vero, un punto morto è un luogo dove nulla è mutato"
"Beh...è cosa è mutato da ieri?...nulla a quanto pare, quindi a un punto morto?"

"Mi stai facendo incazzare! Un punto morto è qualcosa che non si sposta, un'idea , un pensiero, che rimane identico nello stesso posto e io...invece..."
"Tu invece...cosa?"
"Come io cosa...! Io sto modificando i miei pensieri, le mie emozioni, i miei sentimenti, ti sembra poco?"
"No, non mi sembra poco...mi sembra...nulla..."
"Come nulla....che cazzo dici, come al solito non mi aiuti...lo sai che la mia situazione non è facile no?"
"Si lo so...e questo ti deve giustificare?"
"In che senso giustificare...di cosa?"
"Giustificare il fatto che resti dove sei mentre vorresti essere da un altra parte"
"Beh questo cosa significa....sto modificando i miei pensieri per arrivare ad essere in un altro luogo e non qui dove sono adesso, è una cosa che necessita un processo lungo e che deve accadere in modo naturale"
"Mmmmm...si ti ascolto ma non capisco"
"Cosa non capisci?"
"Il tempo di cui hai bisogno..."
"Le cose maturano in base alle stagioni, non posso far nascere una ciliegia in autunno"
"Ah capisco, quindi tu sei una ciliegia?"
" No che significa era solo una metafora!"
"Quindi tu sei una metafora?"
"Ohhhh madonna santa quando cominci così diventi insopportabile! Certo che non sono ne una cicliegia e nemmeno una metafora...era solo per farti comprendere di cosa parlo delle sensazioni che provo e del dolore che sento per questa situazione..."
"Capisco, quindi non sei ne una ciliegia ne una metafora...."
"Esatto hai capito bene"
"E allora perchè ti comporti come se tu lo fossi?"
"Insomma...sembra che tu non voglia capire"
"Capire cosa?"
"Quello che ti sto dicendo...hai ascoltato le mie parole?"
"Certo che si....e tu ascolti ciò che dici?"
"Che domande è ovvio che ascolto ciò che dico"
"Ne sei certo?"
"Certissimo..."
" Bene ...allora forse dovresti cominciare anche a fare ciò che dici e smettere di sentirti una cicliegia che deve maturare o una metafora che deve realizzarsi"
"Tu dici?"
"Si"
"Quindi cosa dovrei fare?"
"Quello che veramente senti..."
"Non è facile..."
"Lo so...nulla è facile"
"E allora che faccio?"
"Tu cosa vuoi fare?"
"Andare lì"
"Lì dove...?"
"Nel mio posto, quello giusto..."
"E allora vai..."
"Non è così semplice, la fai facile tu..."
"Può essere, ma potrebbe anche essere che sei tu che la fai difficile no?"
"Mmmmm...si potrebbe..."
"Allora? che fai?"
"Non lo so..."
"Sei a un punto morto quindi..."
"Non lo so..."
"Ti senti una ciliegia che deve ancora maturare?"
"Non lo so..."
"Allora forse ti senti una metafora da comprendere?"
"Non lo so..."
"C'è qualcosa che sai?"
"Non lo so..."
"Mmmmm....una cosa certa in tutta questa faccenda la sai però..."
"Cosa?"
"Che non sai..."

Dialogo tra l'uomo e il suo io....anima contro materia...chi vincerà?
Francesco Bonfitto.