lunedì 12 settembre 2011

Il tempo inesorabile

Quando ti ritrovi solo, cominci a riflettere è inevitabile.
Anche quando non ti ritrovi da solo con te stesso, cominci a riflettere su ciò che intorno a te accade.
Questo ti porta inesorabilmente a delle conclusioni che arrivano tramite cervellotici ragionamenti che a volte sarebbe meglio evitare.
Come si può evitare l’evidenza?
Chiudere gli occhi e far finta che tutto sia normale, che tutto sia così, realmente così è un modo per sfuggire alla realtà, cercando una scappatoia per evitare certe riflessioni.
Solitamente quando mangio da solo in qualche luogo non ben precisato, dipende dove la giornata lavorativa mi porta, lavoro da solo camminando con la mia auto per km in vari posti, e anche lì, ti ritrovi solo con i tuoi pensieri.
Nessuno con cui parlare se non dialogare con la voce che in testa continua a porsi domande che richiedono risposte.
Oggi di fronte a me un tavolo di ragazzi, il più vecchio può avere venti anni, nei loro occhi , nelle loro parole solo futuro, ne presente ne passato, solo futuro.
La loro esistenza è lanciata oltre i limiti del tempo, tanta vita davanti a loro, anche se potrebbe capitare che si spezzasse all’improvviso, la loro anima è proiettata avanti.
Non hanno la visione della fine, non hanno timore dell’ultimo capitolo, quello definitivo che ti porta fuori dagli schemi della vita stessa, la morte.
Hanno solo la certezza di essere immortali, una convinzione che non da retta a nessun sintomo che nel corpo può verificarsi, nulla può fermare la loro vita, tantomeno un pensiero.
Sono una decina di persone tra ragazzi e ragazze, e l’unico pensiero che possono avere e ridere e scherzare mentre addentano la loro pizza o sorseggiano la loro birra media.
Nulla può distoglierli dal diritto alla vita che hanno.
Da questa parte io, che faccio il conto della vita, che tiro una riga su ciò che è stato e su ciò che sarà, ma per quanto ancora?
Potrei essere a metà della mia esistenza oppure ai due terzi, non lo so, certo è che ho meno tempo a disposizione per fare le cose, ho meno tempo per creare qualcosa, ho meno tempo.
Allora inevitabilmente ti chiedi cosa hai fatto e non cosa puoi ancora fare, inevitabilmente.
Qual è la soluzione?
Probabilmente non c’è il tempo è passato e puoi solo usare quello che ti resta per creare qualcosa per finire il tuo compito, se realmente hai un compito da portare a termine.
La domanda finale è: ho un compito? Se si quale?
Le domande si moltiplicano in funzione del tempo che avanza.
Il tempo che avanza sarà l’unico testimone di ciò che potrò fare, e io?
Io esisto, per ora.

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