Certo non ero ancora riuscito a fare quello che dovevo fare,
ma una cosa era certa, non potevo più andare avanti così.
Nella mia piccola casa colorata alle pareti di bordò, il
calore del riscaldamento mi separava dal freddo intenso che fuori ingrigiva
ogni cosa.
Nella mia testa un solo pensiero fisso: “Devo concludere
questa faccenda, altrimenti impazzisco”.
La tazza di caffè nero calda tra le mie mani diffondeva una
sorta di brivido in tutto il mio corpo, lasciandomi intorpidito nei miei
pensieri.
Alcuni bambini giocavano nel cortile incuranti del freddo
tagliente che arrossava le loro guance, mentre le madri parlavano chissà di
quali consueti discorsi tra sorrisi e gesti armoniosi, come a mostrare che
tutto nella loro vita andasse per il verso giusto.
Un film muto attraverso la grande finestra di casa che mi
portava in contatto con l’esterno, con il mondo, dandomi la possibilità di
separarmi per qualche istante dal mio pensiero, quel pensiero fisso.
Un pensiero di gioia e tristezza come in contrapposizione tra
la luce e il buio, il giorno e la notte, l’estate e l’inverno opposti che si
ritrovano in un solo pensiero.
Sensazioni opposte che riempivano continuamente la mia testa
e ingrossavano il mio cuore fino a farlo quasi esplodere.
Alcune gocce di pioggia cominciavano a scendere bagnando il
tavolo tondo colorato di blu elettrico sul terrazzo, la candela di sale si
scioglieva lasciando rivoli di sale sciolto che si separava in due nuovi
piccoli affluenti dopo aver incontrato il posacenere argentato pieno di mozziconi
di sigaretta, ormai lì da alcuni mesi.
Le gocce cominciarono a diventare più grandi e l’intensità
della precipitazione a essere più fitta fino a non riuscire più a vedere
nemmeno la palazzina di fronte alla mia.
Le mamme nel cortile recuperavano, correndo a ripararsi
sotto i portici, i loro piccoli cuccioli che sembravano comunque incuranti
dell’acqua.
Il silenzio della mia casa a volte mi faceva male e ancor di
più quando le giornate invernali piovose e grigie mutavano la tristezza del
momento in angoscia.
Un pugno allo stomaco ripetuto più volte, una presa alla
gola da cui liberarsi diventava impossibile, l’aria che sembrava fermarsi nella
trachea senza fluire attraverso i polmoni e il cuore cominciava a battere senza
un ritmo stabile.
Lì però, in quella casa, nella mia casa mi sentivo al
sicuro, protetto da qualsiasi cosa.
A volte le cose si mettono di traverso e non ti danno la
possibilità di continuare, di procedere, di evolverti, di arrivare alla tua
meta.
Le difficoltà si mettono tra te e i tuoi sogni, tra te e le
tue ambizioni, tra te e l’amore come un ospite indesiderato.
Non hai più nessuna voglia, nessuno stimolo distruggendo
tutto dentro e fuori di te.
Solo una gran voglia di dormire, forse, per chiudere gli
occhi nella speranza di non dover pensare, ma anche quello spesso diventa un
lusso.
Qualcosa ti tiene sveglio per giorni interi e le tue
occhiaie diventano più incisive, più evidenti, più profonde.
La tua immagine allo specchio diventa sempre meno gradevole,
gli occhi cominciano a vederti in modo diverso facendo sparire il sorriso dalle
tue labbra, facendo svanire la gioia, lasciando il posto alla tristezza.
La luce spostandosi cede il posto in modo ordinato e
meticoloso al buio, dapprima lasciandoti in ombra per poi oscurarti completamente.
Non hai più punti di riferimento e come un non vedente
cominci a brancolare nel nero più totale, una macchina impazzita senza
controllo, un volo ingovernabile verso il nulla.
La tazza di caffè ormai fredda mi dona un nuovo brivido,
questa volta gelido, che attraversa nuovamente il mio corpo completamente.
Ho bisogno di scaldare tutto ciò che dentro di me
improvvisamente sembra diventare freddo, ma non trovo nulla che mi aiuti,
l’ultimo brivido fa calare il buio e i miei occhi chiudendosi cercano un po’ di
conforto nel sonno, sempre che arrivi, sempre che mi catturi regalandomi
qualche ora di serenità.
Proverò a dormire un po’… tra la luce e il buio.